Migranti, che fare?

Non abbiamo ricette da proporre per un problema gigantesco di fronte al quale la politica va in ordine sparso, l’opinione pubblica si divide e gli esperti arrancano. Ma una cosa abbiamo da proporre: uno sguardo curioso e appassionato alla sorte di milioni di persone che, come noi, cercano di compiere il loro destino, di realizzare il sogno della felicità.

Abbiamo provato a immedesimarci nella loro umanità: chi sono, perché partono, che cosa cercano? Tutti hanno alle spalle un viaggio che li ha portati qui dalle loro terre, tutti hanno fatto i conti con un’umanità, una lingua, una cultura, una società più o meno distanti da quelle di origine. È stato un incontro a volte traumatico, a volte fecondo, sempre impegnativo. 

Dopo il viaggio, c’è l’incontro. E per tanti italiani misurare con “il problema dell’immigrazione” ha significato fare i conti con una presenza nuovava e per molti versi inaspettata, che ha portato con sé sacrifici, opportunità e ricchezza. 

Una presenza con cui la realtà costringe a confrontarsi, e che li ha sfidati ad andare al fondo della loro identità personale e di popolo, a riscoprire le ragioni che tengono in piedi l’esistenza, a chiedersi cosa alimenta la speranza di una vita migliore a cui tutti aspiriamo.

Questo l’incipit del libro Migranti – La sfida dell’incontro, relativo all’omonima mostra presentata nel 2016 al Meeting di Rimini, ora disponibile ai visitatori in versione ridotta alla Fiera di San Pancrazio.

Ce l’hanno spiegata il giornalista Giorgio Paolucci  e il docente di Lingua e Letteratura Araba all’università Cattolica di Milano Wael Farouq in uno straordinario incontro.

VIDEO: Migranti, una sfida per l’Europa

Tu sei un bene per me

Ma come fare quando il tu è diverso da me, è un altro?

La chiave è una sola: l’immedesimazione. Le migrazioni, infatti, sono sempre state parte integrante della natura dell’uomo, della storia dei popoli. E dall’alba dei tempi, le genti migrano per trovare il compimento del proprio destino e fuggire da guerre, discriminazioni, dittature, disuguaglianze economiche.

“Quella che si sta configurando – afferma Paolucci – è un’Italia multietnica: un meeting pot di identità nazionali diverse che confluiscono nel Bel Paese alla ricerca di speranza e condizioni di vita migliori. Il problema centrale, al di là di opinione pubblica e ideologia politica, è che non esiste un io senza un tu a cui rivolgermi. Solo così può nascere un noi“.

“Nel momento in cui un popolo migra – spiega il professor Farouq – porta con sé un bagaglio di usi ma soprattutto di speranza. La sfida per chi accoglie è abbracciare la libertà dei migranti. Perché – chiede – senza identità, che cosa mi rimane da accogliere? Il fondamento di ogni religione non è forse l’amore per Dio e quello per il prossimo? E, per esteso, io amo ciò che conosco. E questo non è forse il fondamento della società? Se l’altro è un bene per me, in concreto, in un qui e ora ben definito, è il tu che è un bene per me. Un tu, nel nostro caso, a cui tendere la mano, a cui porgere aiuto. Un tu da accogliere e da rispettare”.

Ufficio Stampa Fiera di San Pancrazio