INAUGURATA LA MOSTRA “IL GUSTO DEL QUOTIDIANO. LAVORO E COMPIMENTO DI SE’ DA SAN BENEDETTO AD OGGI”

Voi siete il sale della terra: il gusto del lavoro che porta a compimento il nostro quotidiano.

Sabato 20 aprile è stata inaugurata la mostra “Il gusto del quotidiano. Lavoro e compimento di sé da san Benedetto a oggi”, con la partecipazione della Dott.ssa Michela Conterno, CEO Lati Industria Termoplastici Spa.

La mostra (esposta presso la sala San Maurizio situata nell’omonima piazza a Vedano Olona e visitabile fino al 28 aprile), presenta la storia della nascita del monachesimo e spiega come la regola benedettina abbia contribuito a creare la nostra idea del lavoro, strumento per dare sapore alle nostre esistenze e mezzo per porsi a servizio della comunità.

Come ci ha ricordato all’inizio del suo intervento Michela Conterno, il termine Monachesimo deriva da “mònos”, che in greco significa “uno”, ma l’uomo prende presto coscienza che il suo isolamento gli permette di crescere grazie alla preghiera solo fino a un certo punto: è nella comunità, nell’unione di più idee che nascono nuovi progetti e la possibilità di servire gli altri. La dottoressa afferma che una buona industria porta lavoro e benessere a chi ha intorno, non ha solo una vocazione produttiva, ma anche sociale, collabora alla crescita sociale di un territorio, ne aumenta il senso di appartenenza.

Un proverbio africano dice “Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai insieme ad altre persone”. L’aveva capito chiaramente San Benedetto, creando delle comunità in grado di scambiarsi idee e cultura, dove i monaci divengono innovatori: inventori di nuovi metodi di coltura, vini e formaggi (il più noto è il grana padano), del canto gregoriano. Esperti nel campo dell’idraulica, della lavorazione delle erbe officinali, amanuensi di fine abilità nella copiatura e decorazione dei manoscritti, i monaci hanno diffuso le proprie conoscenze per tutta Europa, accrescendo benessere e cultura, creando un atteggiamento di apertura che ci insegna ancora oggi ad andare contro l’ombra nera dei timori che assalgono la nostra società: la crisi economica, la dematerializzazione, il perdere la coscienza dell’uomo come essere integrale, in cui mente, emozioni e spiritualità cooperano per la sua realizzazione senza contrapporsi fra loro.

Questa mostra ci ricorda l’attualità dell’insegnamento benedettino: “Ora et labora”, innalzati verso il Cielo perché ti illumini, ma rivolgi anche la tua fatica alla terra, perché ti completi e tutto questo fallo con gioia, perché il lavoro non è schiavitù, ma compimento dell’esistenza.

Dov’è l’uomo?

“L’amicizia con i cattolici mi aiuta a capire ancora più in profondità la mia identità buddista, amando di più me stessa. Posso sentire il grande abbraccio del Mistero che unisce tutti i popoli e proprio per questo possiamo essere amici veri e condividere la gioia e la sofferenza con semplicità.” W.S.

San Francesco e il Sultano: dallo scontro all’incontro

All’interno della XV Fiera di San Pancrazio si è svolto l’incontro con Padre Marco Finco, direttore del centro culturale francescano Rosetum di Milano, che ha presentato la figura di San Francesco a partire dal suo viaggio in Oriente nel 1219, evento ben approfondito nella mostra “Francesco e il Sultano- Incontro sull’altra riva”. In un contesto di scontri, dove non c’è disponibilità all’ascolto reciproco, Francesco decide di partire per la Terra Santa con un solo scopo: convertire il sultano.

Un viaggio che la gente del suo tempo reputa folle, il cui esito appare la morte certa, eppure Francesco parte al seguito della quinta crociata per l’Oriente; non è in polemica con la mentalità del suo tempo, non si oppone a chi ha scelto la via della violenza per far valere le sue ragioni, cammina con loro, semplicemente mostra un’altra strada.

Il viaggio di Francesco non è però un cammino solitario. La comunità francescana è già presente in Oriente e dei missionari sono già partiti per annunciare il Vangelo, ma la spedizione non ha avuto buon esito: essi sono stati torturati perché rinnegassero la propria fede e davanti al loro rifiuto uccisi. I loro corpi sono stati rinviati a pezzi in Occidente. Non sappiamo come Francesco reagisca a quest’evento. Cosa lo spinge a partire? È la volontà del cavaliere che era stato in gioventù, il cavaliere che voleva primeggiare in battaglia? Il non voler essere “da meno” rispetto ai confratelli? Il senso di colpa per essere in vita, mentre gli altri l’hanno perduta? La volontà di servizio, il voler portare l’Annuncio nonostante le avversità? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che Francesco voleva primeggiare in ogni attività della vita: prima della conversione era “il re delle feste d’Assisi”, poi il ricco figlio di mercante che aveva scelto la battaglia, il nobile cavalierato per avere l’ammirazione e il successo fra la gente e infine lo sposo di Madonna Povertà, fra digiuno, preghiera e servizio ai lebbrosi. Un uomo senza mezze misure e così è stato anche nella predicazione.

I contemporanei videro il viaggio in Oriente di Francesco come un cammino verso il martirio, erano certi della sua morte, ma giunto in Egitto, durante le prime predicazioni ai Musulmani, alle percosse che riceve, Francesco risponde sempre con le parole “Soldan, soldan”, finché non ottiene udienza dal Sultano. Non reagisce alla violenza con la violenza o la fuga, ma con una semplice richiesta d’incontro e alla fine lo ottiene.

Il sultano Malek el-Kamel è un uomo curioso, disposto all’ascolto, ma non si converte come voleva Francesco. Il suo viaggio non dà i frutti sperati dal frate d’Assisi. Ne dà altri, sul breve e sul lungo termine.

Il primo è il fatto che il sultano non gli usa violenza, riconosce in lui un uomo degno di stima, non un nemico e lo fa scortare incolume all’accampamento dell’esercito cristiano.

Il secondo è che lo tratta come un ospite e lo ricolma di regali. Francesco li rifiuta tutti, tranne uno, un corno per richiamare le genti musulmane, l’equivalente delle campane nel mondo cristiano. È un dono di libertà: il sultano dona a Francesco la libertà di portare il suo annuncio e al suo popolo la libertà di ascoltare e potersi fare una propria opinione su quanto detto. Una libertà che in molti paesi del mondo, in Oriente come in Occidente, anche oggi non è concessa, poiché i potenti, certo con mezzi diversi, limitano o condizionano la libertà di pensiero.

Infine, l’ultimo dono, è la concessione da parte del sultano all’imperatore Federico II di un accordo di pace che cederà per dieci anni ai cristiani Gerusalemme e altri luoghi significativi della Terra Santa.

Tuttavia i frutti di quel lontano incontro, permangono ancora oggi nella presenza francescana in Terra Santa, a volte accolta con tante restrizioni, a volte con maggiore libertà, ma sempre presente. Lo stesso Francesco aveva indicato ai confratelli due modi diversi di testimoniare: annunciare il Vangelo ai popoli, oppure, vivere senza liti o dispute, testimoniando la mitezza che è propria di Cristo, e affermando di essere cristiani. In questo caso non è la forza di quanto dici a portare Cristo nel mondo, ma la forza di ciò che sei, una forza che in modo imperscrutabile entra nei cuori delle persone, trasformandole, creando un’armonia di anime che si estende nel tempo e nello spazio, dai primi francescani che trovarono il martirio in Oriente, fino ai frati che oggi aprono scuole e portano aiuti ai più poveri della Terra Santa, creando un coro di anime che risuona forte e chiaro, non in una favolistica armonia data dalla mancanza di conflitti, disaccordi o tensioni, ma dalla consapevolezza che la Chiesa, nei suoi limiti e nelle sue fragilità, opera in comunione con Cristo per l’Avvento del Bene.

Simona Bramanti